L’Artista
Aveva due grandi amori: la famiglia e la pittura, anteponendo sempre a tutto, la famiglia. C’era chi la esortava a dedicare più tempo alla pittura, ma lei rispondeva: come faccio, io ho tre figli. Mai avrebbe acconsentito di affidare ad altri la cura dei propri figli. D’altronde per lei la pittura era un fatto personale, un bisogno intimo di esprimersi; non le interessava scalare il successo nel mondo dell’arte, né dal punto di vista critico e neanche da quello venale.
Non ostentava ideologie femministe, ma aveva una grande femminilità, un sex-appeal che le veniva da un sentirsi donna intimamente e in maniera completa. Era vanitosa e curava il suo aspetto non per apparire, ma per soddisfare la sua naturale ricerca del bello. Solo lei poteva indossare con disinvoltura un look da lei stessa creato, solo su di lei ogni singolo accessorio prendeva valore. L’abito anche se povero doveva fondersi con i colori del suo viso, dei suoi capelli; doveva essere un tutt’uno con il corpo.
“Tutte sole e bianche, statue sommesse nel tempo. L’occhio si spazia e ritrova la serenità che ha sempre cercato nel vero simbolo della natura. Donna!”
Giulia Prinzi
Era una donna forte, e la sua forza la traeva dall’amore. Tutte le sue scelte erano dettate dall’amore e nell’amore trovava la forza, il coraggio e la strada giusta per affrontare con razionalità e intelligenza i momenti difficili.
Nel rapporto con gli altri aveva una grande modestia e una grande semplicità ma nel contempo proprio questi valori la elevavano in una dimensione tale da creare attorno a sé ammirazione, soggezione e rispetto. Chiunque l’ha conosciuta l’ha definita “una persona speciale” pur senza saperne descrivere il perché. Era la profondità del suo animo che la rendeva unica.
Gli anni della fanciullezza li ha vissuti a Capodimonte e questo le ha consentito di stare più a contatto con la natura. Amava fare lunghe passeggiate per i viali del bosco. In compagnia, a volte delle amiche, altre volte del padre, trascorreva buona parte della domenica a osservare le piante e a raccogliere fiori. Di tanto in tanto la famiglia si recava al Vesuvio e lì, nella casa in campagna trascorreva un fine settimana. E la sera, accanto al camino, si ascoltavano i racconti inverosimili raccontati dal marinaio zio Antonio.
I colori, la luce, la campagna vesuviana, le appartenevano. Il calore di quella terra faceva parte del suo patrimonio biologico.
Temi ricorrenti nella sua pittura sono: figure femminili come fantasmi, figure femminili in fila in lontananza, la maschera, occhi velati da una benda, animali con significato simbolico, le farfalle, gli alberi antropomorfi che si intrecciano, gli occhi della mente, un fiore al posto del seno destro, uccelli e piume.
Sin dall’inizio della sua trasposizione sulla tela è emersa la vastità di un mondo interiore da analizzare e da capire. Il lavoro che l’artista ha dovuto affrontare e stato quello di mettere ordine tra le varie tematiche a volte oniriche, a volte trascendentali, a volte intime.
Figure di donne evanescenti poi sempre più definite. Trattasi di personaggi diversi o dello stesso personaggio visto volta per volta o tutte assieme nelle sue varie forme. O trattasi del ritratto della stessa pittrice che si vede proiettata volta per volta in realtà diverse o in tempi diversi o attraverso uno specchio con tante sfaccettature. Ha dovuto lavorare molto Giulia per capirsi, per penetrare nel profondo della propria anima che veniva condizionata continuamente dagli eventi esterni. E forse le maschere servivano proprio a nascondere la sua non ancora definita identità di pittrice: l’appartenenza ad una forma pittorica storicamente riconosciuta. Ma forse non era questo che la poneva in conflitto con sé stessa e con il mondo esterno. In realtà ciò che maturava nel suo subconscio le veniva proprio dalla partecipazione al mondo esterno i cui eventi venivano da lei somatizzati, elaborati ed espressi attraverso il disegno fluente, elegante e attraverso un coraggioso accostamento cromatico. E mentre il suo subcosciente elaborava il tema, seduta davanti al cavalletto doveva fare i conti con la tela bianca che aspettava di essere colorata dalle sue mani. Le forme, i colori, li aveva già in mente, dovevano solo essere trasposti sulla tela. E anche qui ha dovuto studiare, elaborare, provare per esprimere con chiarezza e semplicità un pensiero complesso.
Ma, se il linguaggio suo è espressione la sua pittura supera l’espressionismo, supera anche il metafisico col quale non trova riscontro, e si avvicina alle forme più eleganti del surrealismo. Ne è esempio la simbiosi tra la donna e la farfalla che appare nelle opere dipinte dopo l’84 e continuerà a comparire fino alle ultime opere. Probabilmente la pittrice accostava la vita della farfalla, il suo sviluppo con i vari stadi intermedi, alla vita della donna e al suo sviluppo come donna, moglie e madre.
Se l’appartenenza ad un mondo reale ha condizionato l’elaborazione del pensiero nel suo subconscio, diverso e più profondo è stato il messaggio trasmesso dalle opere prodotte nel secondo millennio. Non è più il mondo esterno che viene osservato e analizzato poeticamente, ma il mondo stesso del suo animo, all’interno del quale avviene un continuo conflitto tra ragione e sentimento, tra reale e trascendentale, tra Eros e Nemesi, il pathos esplode. Tutto questo si coglie nei dipinti dell’ultimo periodo. I temi sono più spregiudicati, le immagini si fanno ricche di significati allegorici, e i colori diventano più violenti: davanti alle opere di questa pittrice non si può non emozionarsi per il profondo messaggio che esprimono.